Eh, difficile laurearsi al mondo d’oggi. Se fare l’università, facile non lo è mai stato, una volta almeno sapevi a cosa andavi incontro. Iscrizione, poi gli esami, quindi la tesi, e infine discussione (con relativo momento di gloria tutto personale). Eccelsa o scadente, compilativa o sperimentale, sessantasei o centodieci, ai fini della festa importava poco.
Ma il mondo gira sempre più veloce, la vita è vorticosa, e la spietata concorrenza dei supermercati non lasciava ormai scampo, troppi sconti e 3x2…era inevitabile insomma, e anche l’università si è aggiornata alle regole di mercato: è arrivato il 3+2.
Adesso, a quattro anni dalla comparsa di quello strano fenomeno detto nuovo ordinamento, sono finalmente arrivate le prime modernissime new lauree del new course of study, per un nuovo way of being a student. Tra polemiche e continui cambi delle regole, per chi intanto cercava di studiare barcamenandosi tra crediti che sparivano e regolamenti didattici geneticamente modificati che mutano da un giorno all’altro, è dunque arrivato il momento di sperimentare sul campo gli effetti pratici della famigerata riforma Zecchino.
Poco male, si direbbe, perché cambia il mondo e varia il metodo, ma il coro irriverente degli amici all’uscita, quel “dottore, dottore del bucodelcùl” che da sempre a Bologna ha più valore simbolico della proclamazione, quello ti spetta comunque e, triennale o quinquennale, c’è pur sempre chi ti aspetta fuori per cantartelo a squarciagola, con le lacrime agli occhi.
Per fortuna, c’è da dire, a festeggiare non si va tanto per il sottile, e non si scava nel cavillo, perché altrimenti i dubbi anche nei cori sarebbero molti. Perché, ammesso e non concesso che almeno il buco del culo resti comunque quello (forse in attesa di una riforma Sirchia dell’anatomia dell’ano), siamo però dottori…dottori riformati, dottori junior…laureati con la condizionale, o laureati e basta? Per quasi due anni non ci è stato dato di saperlo.
I poveri laureandi tenevano perennemente le orecchie tese: a settembre il TAR ha deciso che non siamo dottori, ma stiamo scherzando? Sembrerebbe di poco rispetto nei confronti di chi ci ha messo cinque anni a laurearsi. Beh, giusto, pazienza. I nuovi laureati ci avranno messo un po’ di tempo in più a spiegare alla nonna in Amplifon che, no, credimi, non è una laurea farlocca, è che adesso si dice così e non più dottore, i cento euri me li merito ugualmente.
E va bene così, tanto ci si laurea comunque, anche con l’amaro in bocca (e il dubbio persistente della nonna di essere stata presa per il culo). Poi però a dicembre la Corte di Cassazione rettifica, ma stiamo scherzando? Che colpa ne hanno loro ad essere nati nell’82? Ci mancherebbe, sono dottori comunque. Dottori o meno, la corona d’alloro (altra centenaria tradizione bolognese) ci spetterà lo stesso, no? Almeno per ora. Ormai infatti, pare, ci si affretti a laurearsi non più in quanto volenterosi, ma per paura di una nuova sentenza della Corte di Cassazione.
Ma guardiamo un esempio pratico. A Scienze della Comunicazione di Bologna, il corso di laurea fondato dieci anni or sono da Umberto Eco, secondo fonti indiscrete risulta che la gente, imperterrita si laurei ancora. Discuti una tesi di 60.000 battute ad una Commissione, poi ti alzi ed esci dagli amici e i parenti. “Dottore! Dottore!! Dottore del buc…” No, no, fermi, aspettate, questa è ancora solo la discussione! Si raccolgono in fretta dai muri i manifesti satirici, si riavvolge il papiro, si nasconde la corona.
La festa è rimandata al giorno della proclamazione, quindici giorni dopo. (Quindici giorni? E la nonna, ‘cazzo ci fa a Bologna per tutto questo tempo?)
Il giorno delle proclamazioni, di norma splende il sole. Tutti insieme in fila (una pratica degli States, si specifica con orgoglio nei corridoi amministrativi), un minimo di euforia, non refluita in due settimane d’attesa, rimane. Nella aula stracolma il tuo gruppetto di amici&parents fatica però a tenersi unito.
Ma non occorre andare così per il sottile, andiamo. Cambiano le modalità, ma l’evento conserva pur certo una sua sacralità: Commissione di Laurea splendidamente schierata in toga, il Presidente al centro, con lo sguardo solenne.
“Visti gli attestati degli studi compiuti, per i poteri conferitimi dalla legge…un momento gente, chiariamo una cosa… – il presidente si sistema la toga e guarda la platea intimidita – …siccome siete tanti, e dire ‘sta frase duecento volte di fila in un’ora snerverebbe anche un francescano, da questa volta facciamo così: lo dico un’unica volta, e vale per tutti: “Vi dichiaro tutti quanti dottori in Scienze della Comunicazione”.
È troppo: pressata dietro in un mare di gente sconosciuta, la nonna, imbestialita farfuglia ritorsioni testamentarie.
Ma che volete, i tempi sono duri, e la recessione ha inflazionato pure i momenti di gloria. Questa nuova proclamazione di laurea collettiva è una catena di montaggio, bisogna coordinare: alla chiamata del tuo nome scatto in avanti, colpo di reni, consegna della tesi con la sinistra, stretta di mano solenne con la mano destra, inchino alla platea e via.
Applauso di quattro secondi, costretto a scemare nel finale per permettere alla mamma successiva di sentire pronunciare il nome di suo figlio. Eh…come non dirlo: la new life di questo new world è very hard, bisogna tenersi fulminei e sempre all’erta.
Perciò, cari new students, cercate di collaborare: all’uscita del vostro amico, un solo coro, senza ripetizioni: dottoredelbucodelcùl, tutto d’un fiato. Ed il papiro (tipico fogliazzo tradizionalmente stilato dagli amici, con caricatura del neo-dottore e una lunga poesia denigratoria, ndr), mi raccomando, basta un semplice foglio di A4. Anche i manifesti satirici: solo un paio per favore, per lasciare spazio agli amici degli altri duecento laureati.
Ah, e ricordatevi di sorridere, mi raccomando, finalmente vi siete laureati!
Tratto da:
arealocale.com